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WordPress SEO – Il semaforo di Yoast e il posizionamento sui motori
Chi utilizza WordPress, come me, per gestire i contenuti del proprio sito web, o del blog, si sarà probabilmente imbattuto nel famoso plugin WordPress SEO by Yoast, che aiuta a gestire alcuni aspetti importanti per i motori di ricerca. Tra le funzionalità di WordPress SEO c’è un “semaforo” (pallini verdi, gialli e rossi) che dovrebbe dare indicazioni sull’efficacia dell’articolo per un migliore posizionamento su Google & C.
Se ne è parlato in questi giorni, grazie a un video di Giorgio Tave (che potete vedere qui sotto) che ha scatenato un interessante dibattito a cui ha partecipato anche il buon vecchio Marco Bortolotti (cioè il sottoscritto). La tesi di Giorgio è che il semaforo di WordPress SEO sia il diavolo, la cosa peggiore (per la SEO) che sia stata inventata. Argomenta bene questa tesi e ha molte ragioni, ma io sarei un po’ meno drastico, e ora vi spiego perché. Ma prima guardate il video, altrimenti non capite di cosa stiamo parlando. 🙂
Prima di tutto sgomberiamo il campo da un equivoco: Giorgio Tave non sta dicendo che il plugin WordPress SEO by Yoast sia inutile (non so come la pensi esattamente, ma non lo dice in questo video). Io penso sia molto comodo per gestire vari aspetti tecnici utili per la SEO (sitemap, breadcrumbs, link canonical, ecc.). Giorgio critica – aspramente – l’utilità del cosiddetto Semaforo che, in tempo reale, dà suggerimenti, con tanto di pallini rossi, gialli e verdi, su come dovrebbe essere scritto l’articolo (minimo 300 parole, ripetizioni della keyword, ecc.).
Se ci concentriamo su questi aspetti e li consideriamo letteralmente, seguendo pedissequamente le indicazioni semaforiche di WordPress SEO, Giorgio Tave ha perfettamente ragione: fare SEO, cioè lavorare per posizionare al meglio un articolo sui motori di ricerca, non significa fare sì che il semaforo di Yoast diventi verde. E la prima cosa a cui pensare non è il numero di parole presenti nell’articolo, o la ripetizione delle keyword! Occorre prima di tutto scrivere qualcosa di interessante e utile per chi legge.
Però, ed è questa la mia bonaria critica a Giorgio, il semaforino aiuta soprattutto il principiante – cioè chi è preposto a scrivere gli articoli per il blog aziendale, o all’aggiornamento delle pagine del sito – a ricordarsi alcune cose che si tende a dimenticare: aggiungere un tag “ALT” all’immagine, per esempio; o correggere l’URL della pagina in modo che non sia “/hello-world”, ma qualcosa di più attinente all’argomento dell’articolo appena scritto; dare indicazioni su come approfondire ulteriormente l’argomento (il link esterno serve a questo)…
Nessuna di queste cose è indispensabile per un buon posizionamento sui motori di ricerca: i fattori sono molti e non si riducono a 10 regolette. Aggiungerò anche, d’accordo con lui, che non servono a nulla se non c’è, a monte, una scrittura di contenuti interessanti, condivisibili (nel senso “sociale”), utili per chi legge. Ma perché bocciare completamente il semaforo, se può dare un piccolo aiuto ai più distratti?
In realtà c’è un motivo più filosofico dietro alla critica feroce di Giorgio, e qui mi trova totalmente d’accordo: il rischio nell’utilizzo del semaforo è culturale.
Cuturale significa che è possibile (anzi: probabile) che molti – anche chi fa SEO di mestiere – si sdraino (voce del verbo sdraiarsi), cioè si accontentino del verde semaforico, o addirittura tendano con tutte le proprie risorse all’ambito premio della lucina verde, senza badare ad altro. Ridurre il lavoro di posizionamento sui motori di ricerca a questo è sbagliato e pericoloso (culturalmente, appunto) perché cancella anni di test, di esperienza a favore di un pigro meccanicismo, peraltro basato su imprecisioni evidenti.
La pigrizia (lo sdraiarsi di cui sopra) non può far parte del lavoro di chicchessia, neppure – e tanto meno – di noi (pseudo-?) esperti dell’affascinante mestiere della SEO. L’agenzia WEB che spiega al cliente che per posizionare una pagina su Google deve fare in modo che il semaforo di WordPress SEO diventi verde fa un grave danno culturale, ma anche pratico, al cliente sprovveduto (necessariamente sprovveduto, visto che di mestiere fa altro). Insegnare che il semaforo verde È la SEO è facile (20 minuti di formazione), ma è sbagliato e sintomo di pigrizia.
Steve Jobs consigliava di essere hungry e foolish (affamati e incoscienti). Più modestamente, suggerisco ai colleghi di essere diligenti e coscienziosi, e di non preferire la via più breve (e dunque sbagliata) quando si ha a che fare con aziende che basano gran parte della propria sopravvivenza sul mercato sulla ricerca su Google dei propri prodotti e servizi.
Se poi il semaforo di WordPress SEO ci ricorda che nell’immagine del nostro articolo dobbiamo inserire il tag ALT, ben venga. Perché a questo serve. SOLO a questo.
Se avete qualcosa da dire, o da chiedere, parliamone qui sotto.
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