Google Ads e Intelligenza Artificiale. Come Google gestisce le Keyword collegate ai nostri annunci

Google Ads. Come Google gestisce le Keyword collegate ai nostri annunci

Google Ads confida troppo sulla capacità di comprensione dell’Intelligenza Artificiale sviluppata in questi anni da Google?

Sembra una domanda capziosa. Una risposta precisa a questa domanda sarebbe invece molto importante per capire se possiamo ancora fidarci della gestione delle keyword sulla piattaforma pubblicitaria Google Ads (una volta detta Adwords).

Facciamo un passetto indietro, per chi si stesse interessando solo da oggi all’argomento.

Google Ads permette di collegare i nostri annunci a determinate ricerche su Google (e partner vari, ma non è importante, qui). Dunque, se siamo un rivenditore di ceramiche per la casa, possiamo decidere di comparire con un nostro annuncio, per esempio, quando qualcuno cerca TAZZE DA CAFFÈ. Pagheremo un certo importo (da pochi centesimi a… molti centesimi) in per ogni clic sul nostro annuncio, fino a un tetto prestabilito (budget).

Ora, ci sono vari modi per “dire” a Google Ads che vogliamo essere trovati con quella frase (che chiameremo genericamente keyword):

Corrispondenza Generica: tazze da caffè.

Vogliamo essere trovati quando qualcuno cerca tazze da caffè o frasi simili. Google Ads capirà che, per i nostri scopi, andrà bene essere presenti anche quando un utente cerca tazzine, tazzine da caffè, servizio da caffè… Ma attenzione! Google dà la seguente definizione di Corrispondenza generica: “(Comprende) Errori di ortografia, sinonimi, ricerche correlate e altre varianti pertinenti.” Tra le “varianti pertinenti” ci sono i significati che Google Ads capisce. Per esempio: accessori per bar.  È pertinente? Sì… e no. Se siamo un negozio che vende tazze al pubblico, il nostro cliente non è il bar (ci sono i grossisti e tutto un settore dedicato agli esercenti). Si rischia dunque che gli annunci compaiano e siano cliccati (con relativi costi per clic) in corrispondenza di ricerche per nulla pertinenti la nostra attività!

Corrispondenza a frase: “tazze da caffè” (tra virgolette).

Vogliamo essere trovati quando qualcuno cerca tazze da caffè in porcellana, servizio di tazze da caffè, tazze da caffè colorate, … Cioè: indichiamo a Google che la ricerca che farà comparire il nostro annuncio dovrà contenere la frase tazze da caffè, seguita o preceduta da altre parole.

Sembra che siamo in una botte di ferro. Anche qui, però, nascono problemi.

Fino a non molto tempo fa, Google si atteneva alle nostre istruzioni in modo molto preciso. Non faceva dunque comparire l’annuncio in caso di ricerca per tazzine da caffè colorate (essendo tazzine parola non compresa nella nostra keyword a frase). Ora, invece, confida sulla propria intelligenza (artificiale) e pensa che, in fondo, tazze da caffè o tazzine da caffè, in fondo, sono la stessa cosa. Bravo Google, è vero.

Ma cosa succede quando la ricerca è tazze da tè o mugs (il tipo di tazza più grande, tipicamente per il caffè americano)?

Ecco, oggi non lo sappiamo con esattezza. Sappiamo che Google cercherà di comprendere se la ricerca sia comunque valida per far comparire il nostro annuncio. Il tentativo di comprensione è basato su un ragionamento artificiale che considera lo storico delle ricerche, il comportamento dei concorrenti, la presenza di parole chiave simili nel nostro account, i clic che vengono normalmente fatti in corrispondenza di quella ricerca (es.: se Google sa che in seguito a una ricerca per mugs molte persone cliccano su un titolo o un annuncio che parla di tazze da caffè, potrebbe associare la ricerca mugs a tazze e far comparire il nostro annuncio.

Se il ragionamento vi pare poco interessante (in fondo “l’importante è che la gente clicchi”, si dice spesso), provate a ragionare su questi esempio:
la vostra azienda vende tazze da caffè piccole e medie (quelle che vi danno al bar quando chiedete un caffè lungo). Queste tazze non sono mugs. Se ricevete un clic da chi cerca mugs, avete speso soldi per niente. Se i clic di questo tipo sono cento in un mese, rischiate di spendere 50, 60… 100 Euro su clic che non vi interessano. Se il vostro budget è di 500 Euro al mese, ne buttate via il 20% (e parlo solo di uno degli innumerevoli esempi).

Esistono altri due modi per indicare a Google come trattare le nostre keyword:

Corrispondenza esatta: [tazze da caffè] (tra parentesi quadra).

Questo esempio somiglia alla corrispondenza a frase, ma non vogliamo che la keyword sia seguita o preceduta da altre parole. Cioè: vogliamo comparire solo se l’utente cerca esattamente tazze da caffè. Non ci interessano le ricerche per tazze da caffè colorate, tazze da caffè in porcellana, servizio di tazze da caffè, ecc.

Modificatore di corrispondenza generica: +tazze da +caffè.

La ricerca deve comprendere la parola tazze e la parola caffè. Es.: tazze colorate da picnic per il caffè. Somiglia alla Corrispondenza generica, perché accettiamo ricerche per frasi più allargate della nostra keyword, ma la regola è molto più restrittiva perché eliminiamo le ricerche del tipo servizio da caffè, tazzine da caffè, ecc. in quanto, appunto, non comprendono le due parole precedute dal segno modificatore +.

Anche per questi due ultimi esempi vale il discorso fatto ai paragrafi precedente: se una volta Google Ads seguiva esattamente le nostre indicazioni, ora si prende varie libertà, confidando sulla sua Intelligenza Artificiale. Grazie ad essa si sente in grado di comprendere che esistono parole abbastanza vicine, come significato, per essere associate alle keyword che noi indichiamo. Le chiama varianti simili. Se visitate la pagina ufficiale di Google Ads (qui), troverete l’aggiunta “o varianti simili” a tutte le descrizioni dei metodi di corrispondenza descritti.

Visto che spendiamo dei soldi sulle keyword che sponsorizziamo, a me piacerebbe molto avere un controllo completo sulle keyword che attivano i nostri annunci. Una volta era così. Poi Google è diventato intelligente.

Siamo dunque destinati a essere succubi della (presunta) Intelligenza Artificiale sviluppata da Google?

Per fortuna non del tutto. Esiste da sempre un metodo per eliminare dagli elenchi delle keyword quelle che non ci interessano. Si chiama:

Corrispondenza inversa (-mugs, -colorate, …)

Possiamo cioè dire a Google Ads per quali parole non vogliamo che venga pubblicato il nostro annuncio. È sempre stato importante aggiornare questi elenchi negativi. Ma ora è diventato fondamentale e molto più laborioso, perché occorre immaginare a priori (o scoprire man mano, pagando i costi dei clic inutili generati) tutte le varianti che possono essere dannose per la nostra campagna.

Per dirla meglio: se una volta bastava scrivere “tazze da caffè” tra virgolette o parentesi quadre per essere certi di non essere trovati per varianti di quelle parole, ora dobbiamo sforzarci di trovare tutte le varianti che non ci interessano e indicarle nell’elenco della keyword indesiderate.

Prima bastava una indicazione: fai questo
Ora servono indicazioni molto precise su quello che non va fatto: fai questo, ma non questo, non quest’altro, non quest’altro, non quest’altro ancora…

Bei tempi, quando Google era ignorante.

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